Porta Napoli fu edificata nel 1548 in onore di Carlo V, che aveva fatto realizzare a Lecce un nuovo e complesso sistema difensivo. L’arco trionfale, nel sito dell’antica Porta S. Giusto, fu voluto dal preside della Provincia di Terra d’Otranto, Ferrante Loffredo e dalla cittadinanza, per celebrare in maniera emblematica il potere e l’Impero di Carlo V d’Asburgo. Fu chiamata Porta Napoli perché era la porta da cui si intraprendeva la via consolare per Napoli.
Costituiva un punto d’arrivo importante e per questo rappresentò un confine privilegiato tra il mondo esterno e lo spazio urbano.
Privata dei tratti di mura che la fiancheggiavano, costituisce ancora oggi un accesso al centro storico. L’arco fu probabilmente progettato dall’architetto militare Gian Giacomo dell’Acaya.
La porta presenta una composizione a gradoni raccordati da volute di remota ascendenza angioino-durazzesca. Il fornice centrale a tutto sesto è affiancato da coppie di colonne corinzie a fusto liscio, che in miniatura ritornano sotto lo stemma asburgico, con probabile allusione alle mitiche colonne d’Ercole.
Nella parte centrale, sotto il frontone, corre l’iscrizione che celebra l’imperatore Carlo V, trionfatore nelle terre americane nelle guerre contro la Francia e nel territorio africano, sterminatore dei Turchi e propagatore della religione cristiana. La cornice del frontone, che sporge in aggetto rispetto le coppie di colonne, è percorsa da un motivo a dentelli ed è arricchita da volute poste ai vertici del triangolo.
Il timpano reca al centro lo stemma imperiale di Carlo V, con panoplie e trofei militari scolpiti.
I segni della vittoria e le spoglie dei nemici sconfitti circondano la maestosa aquila bicipite con l’arma imperiale e riassumono, in tal modo, il contenuto encomiastico e celebrativo della porta che racchiude in se la volontà di manifestare l’identità politica della città.
Aperta sul braccio delle mura orientali della Città, Porta Rudiae è la più interessante e la più antica delle porte di Lecce, quella che volge verso l’antica città distrutta di Rudiae, da cui ha preso nome.
La porta originale crollò verso la fine del XVII secolo ma fu generosamente ricostruita nel 1703, dal patrizio leccese Prospero Lubelli. La porta è costituita da un unico fornice, inquadrato da colonne binate che poggiano su di un alto podio e sorreggono un fregio in cui sono allocati i busti dei mitici fondatori della città: Licio Idomeneo, eroe profugo troiano, trapiantato a Lupiae secondo la tradizione, Malennio, Dauno ed Euippa. Sotto il busto di Malennio si legge: “ Io sono il re e il fondatore della città, Malennio, figlio di Dasumno e nipote di Salo”. Sotto il busto di Dauno si legge: “ Io sono il re Dauno, figlio di Malennio, illustre per il mio regno e il maneggio delle armi”. Sotto il busto di Euippa si legge: “Euippa, sorella di Dauno, sopravissuta al fratello, con mano di donna seppi stringere lo scettro avito”. Sotto il busto di Idomeneo si legge: ” Io Lizio Idomeneo, col matrimonio di Euippa, ottenni la città che mio suocero aveva fondato, e la ingrandìì”.
Questa porta è detta anche di Sant’Oronzo, poiché è ad esso consacrata, così come si legge dall’iscrizione sul fastigio del coronamento: “A Dio ottimo Massimo, al Divo Oronzio Patrono della Città e della Provincia, che sempre aveva protetto la regione, Prospero Lubelli, Patrizio leccese, ebbe cura di dedicare questo nuovo arco, che guarda l’antica Rudiae. E poiché Egli non guardò a spese, pur di costruirlo più augusto e sontuoso di quello antico che era crollato, Cesare Belli Sindaco, suocero ed erede del mugnificente signore, col consenso unanime del Municipio di Lecce, volle che qui ne fosse ricordato il nome (quantunque altrimenti avesse ordinato nel suo testamento)”.
La statua di Sant’Oronzo, che sovrasta il fastigio, è affiancata dalle statue di San Domenico di Guzman e di Sant’Irene, protettori minori di Lecce.
Dedicata a San Biagio, Vescovo della Città di Sebaste, in Armenia, nel IV sec. d.C., ma considerato cittadino leccese dalla letteratura agiografica locale, la Porta costituisce l’accesso meridionale all’antico nucleo urbano. L’attuale poderosa struttura risale al 1774, quando si stabilì il rifacimento di quella più antica che, voluta da Carlo V, ormai versava in stato di decadenza. Come recita l’iscrizione in latino posta a coronamento, i lavori di ricostruzione furono realizzati a cura del Governatore di Terra d’Otranto, Tommaso Ruffo, mentre era sindaco Oronzo Nicola Prato.
L’arco d’ingresso, inquadrato da coppie di poderose colonne a fusto liscio poggianti su alti basamenti, è sormontato dallo stemma di Ferdinando IV di Borbone, riconoscibile al centro, anche se in parte abraso, e da quelli della Città di Lecce, duplicati lateralmente.
Al di sopra della trabeazione, aggettante in corrispondenza delle colonne e recante un fregio con metope a triglifi, si eleva il fastigio di coronamento il cui profilo mistilineo con volute e festoni vegetali, accoglie l’estesa iscrizione commemorativa.
Al di sopra di una base quadrangolare animata da testine alate di angeli, vi è la scultura di San Biagio, in abiti vescovili, nell’atto di reggere con entrambe le mani un libro, suo attributo iconografico.
Dalla Porta aveva inizio il lungo viale alberato che, risistemato e ampliato nel 1582 dal preside Ferrante Caracciolo, congiungeva la città al Parco, meta prediletta e ameno luogo di svago per gli abitanti della città, già in età medievale.
A destra della Porta si snodava il quartiere delle Case Nuove, importante testimonianza dell’edilizia civile seicentesca, mentre sul lato sinistro si apre il vico dell’Arco delle Beccherie Vecchie, la cui denominazione si spiega con la presenza delle botteghe per la macellazione della carne.